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University of Toronto · Academic Electronic Journal in Slavic Studies

Toronto Slavic Quarterly

Paola Cioni

Maksim Gor'kij e la scuola di Capri


Oggi l'idea che, agli inizi del secolo, proprio nell'isola di Tiberio, l'intelligencija russa fosse andata ad aprire una scuola di partito non può che far sorridere e sembrare quasi una civetteria di intellettuali un pò folli. In effetti le cose non stanno in modo così semplice, anche se un tantino strana, la trovata dovette apparire persino agli uomini che ne furono i protagonisti. In uno scritto del 1927 Anatolij Lunačarskij ricorda così l'esperienza caprese: "L'idea di costruire la scuola di partito per gli operai e di farla all'isola di Capri… poteva sembrare o una trovata romantica o una strana combinazione casuale. Infatti, quando gli operai delle diverse città dell'Impero russo giunsero sull'isola, rimasero sommamente sorpresi e tutto intorno a loro sembrò una fiaba. Un operaio di Sormov, sbalordito, guardava senza parole il mare più azzurro che il turchinetto della tinozza, gli scogli infocati dal sole e simili ad immense macchie gialle,...le spine pungenti dei cactus, i ventagli delle palme, ed infine disse: "Ci hanno fatto viaggiare per migliaia di verste per portarci a un sassolino".

Questo sassolino venne scelto come sede della scuola di partito, perché lì si trovava allora un grande uomo, Maksim Gor'kij, membro del nostro partito, prima collaboratore del "Vpered" ed inoltre esule e scrittore. Anche se Gor'kij fu il tipico uomo russo, anzi, più precisamente russo-asiatico, ciò nonostante il "sassolino" pittoresco, non lontano da Napoli, gli faceva da cornice molto appropriata"[1]. Lunačarskij era una persona troppo sensibile per non ricordare parecchi anni più tardi che non sarebbe bastata la presenza, per quanto carismatica, del grande artista ad attivare una così peregrina decisione. Occorrevano altri fattori, non ultimo fra i quali la concreta generosità dello scrittore. Senza la disponibilità economica di quest'uomo, che "detestava la politica", ma che dei politici, come pochi altri si fece mecenate fin troppo sollecito, nessun operaio avrebbe mai percorso le migliaia di "verste" necessarie per raggiungere il golfo di Napoli. Scrive infatti il Tamborra: "La ragione della presenza di Gor'kij a Capri era dunque all'origine di creare lì, in uno lontana isoletta, questa "scuola" di partito: il grande prestigio dello scrittore esule, la presenza sull'isola di un nutrito gruppo di intellettuali, legati da un unico filo ideologico, le possibilità di un aiuto materiale e finanziario da parte di Gor'kij, la posizione affatto marginale, infine, dell'isola rispetto ad altri centri di emigrazione, con possibilità peraltro relative, di sottrarsi al controllo della polizia zarista; tutto questo aveva contribuito alla scelta di Capri, come al luogo ideale, più lontano da occhi indiscreti"[2]. Queste furono indubbiamente le principali considerazioni che resero possibile e accettabile quella scelta inconsueta.

Ma chi erano e cosa volevano gli uomini che intesero aprire in mezzo al mare una scuola politica per militanti rivoluzionari? Per capirlo occorre fare un passo indietro e, dal suggestivo "sassolino", andare a comprendere, nel loro costituirsi e nella loro dinamica, le molteplici correnti filosofiche e politiche che agli inizi del secolo XX si erano più o meno allontanate dal filone ortodosso del marxismo russo. Questi gruppi, peraltro molto esigui, si erano raccolti attorno a posizioni diversificate fra loro da sfumature varie, ma accomunate da una visione sostanzialmente idealistica del marxismo. "Il fatto è, che al di là di ogni influsso diretto, tutta la cultura rivoluzionaria russa, e in particolare quella ultra radicale bolscevica, in forza del suo stesso progetto di trasformazione totale della realtà e di costruzione di "un mondo nuovo", non poteva non partecipare al fermento e al fervore etico religioso che animava tutta la cultura del tempo. In Russia la problematica etico religiosa all'inizio del secolo aveva preso il nome di ricerca di Dio: non si trattava di un movimento omogeneo, ma di un insieme di tendenze individuali caratterizzate da una libera riflessione sul cristianesimo e sulla cultura"[3]. L'empiriomonismo di Bogdanov, la posizione dei cosiddetti otzovisti, rappresentati da Martin Ljadov e da Grigorij A. Aleksinskij, l'indirizzo dei costruttori di Dio (bogostroiteli), dei quali Lunačarskij fu certo l'esponente più prestigioso verso il 1907-1908, avevano trovato un punto di convergenza organizzativa nella rivista "Vpered", sorta in polemica con il "Proletarij" di Lenin e della corrente bolscevica ortodossa. Gran parte di queste personalità, rotanti intorno al fascino della figura di Gor'kij ed alla generosità dell'ospitalità sua e della sua compagna M.F. Andreevna, sostarono a Capri negli anni fra il 1906 ed il 1909. L'empiriomonismo di Bogdanov era una applicazione alle scienze sociali dell'empiriocriticismo di Ernst Mach e Richard Avenarius. Gli empiriocriticisti consideravano come non verificabile, e come non appartenente quindi al dominio della scienza, tutto ciò che fosse esterno alla percezione umana. L'unica conoscenza non metafisica, per questa via, era fondabile sulla percezione e non sulla materia, riscoperta, in ultima analisi, come la kantiana "cosa in sé". Con queste premesse epistemologiche lo stesso materialismo, per gli empiriocriticisti neo-kantiani, veniva a porsi entro i confini della metafisica. Il tentativo di Bogdanov "era di applicare questa struttura concettuale alle scienze sociali e di sviluppare una scienza organizzativa della società e della coscienza sociale"[4]. Per questa via, Bogdanov giungeva a concludere che la realtà esterna non fosse altro che il prodotto della attività organizzativa della esperienza collettiva. La vita sociale era inseparabile dalla coscienza. Di conseguenza per "giungere alla eliminazione delle classi non era affatto necessario attuare la conquista del potere, trasferendo i mezzi di produzione nelle mani della classe operaia: una società senza classi si poteva raggiungere applicandosi alla educazione ideologica del ceto operaio, elevandolo per mezzo della cultura proletaria"[5].

Ci troviamo di fronte a una interpretazione del pensiero di Marx molto diversa da quella ortodossa data da Lenin. In realtà, più che una disputa filosofica, quella che si aprì con la creazione della Scuola di Capri e con la successiva pubblicazione di Materialismo ed empiriocritcismo fu un dissidio "tra bolscevichi per il titolo di bolscevismo autentico, coerente e rivoluzionario. Si trattava di una lotta politica per la direzione della frazione bolscevica, in primo luogo, ma anche di una lotta culturale per l'indirizzo ideologico dell'azione rivoluzionaria""[6]. In effetti quell'esigenza di elevazione culturale, di rieducazione delle masse, prioritaria anche cronologicamente rispetto alla rivoluzione politica e sociale, quell'esigenza così drammaticamente sentita da Gor'kij sì da essere una delle poche costanti ideologiche della sua esistenza, lo avvicinavano alle conclusioni ultime della visione bogdanoviana. La concezione di Bogdanov, come quella degli altri intellettuali raccoltisi a Capri intorno a Gor'kij, si inquadra nella delusione succeduta alle grandi speranze del 1905, e all'apparente allontanarsi "sine die" dello sbocco rivoluzionario. L'evasione dalla frustrazione sarà trovata in improbabili sincretismi fra Marx e Kant, come nel caso dell'empiriomonismo appunto, o piuttosto, come dice la Gourfinkel,:"nella filosofia religiosa, abbandonando il materialismo e l'azione. È l'epoca dell'interiorizzazione della rivoluzione, elevata al livello spirituale, divenuta affare di ognuno"[7]. Chi, senza dubbio, è abbastanza vicino alla definizione della Gourfinkel è Anatolij Vasilevic Lunačarskij. Personalità affascinante e complessa, " poeta della rivoluzione"[8], secondo la sua stessa definizione, ingenuo e geniale al contempo, Lunačarskij, a diciannove anni, conversando con Plechanov, gli aveva parlato dei suoi filosofi preferiti: Herbert Spencer, Schopenauer, Nietzsche. Riscontrando come l'ideologo marxista nutrisse serie riserve sulle sue simpatie filosofiche, egli aveva concluso che Plechanov trascurava il lato emotivo ed etico dell'ideologia scientifica socialista. L'aneddoto illustra in modo esemplare l'estrosità culturale e caratteriale di Lunačarskij. Nei due volumi Religione e Socialismo, pubblicati fra il 1908 ed il 1911, egli sostenne che Engels e Plechanov "nello sviluppare gli aspetti razionali e scientifici del marxismo avevano sottovalutato la forza dell'aspirazione emotiva ed etica di Marx al socialismo; secondo Lunačarskij, il filosofo tedesco non era soltanto uno scienziato della società, ma anche un filosofo morale, addirittura un profeta, nella grande tradizione ebrea di Cristo e Spinoza, e il marxismo se correttamente inteso, era una sintesi di scienza ed entusiasmo morale"[9]. Secondo questa interpretazione, i bolscevichi, "marxisti volontaristi", erano i veri seguaci di Marx; volontaristi, ma non del tutto consapevoli delle implicazioni filosofiche della propria posizione. La loro propaganda, essenzialmente scientifica, difficilmente poteva avere presa emotiva sia sull'intelligencija sia sui contadini. Essi invece, secondo Lunačarskij, avrebbero dovuto diffondere il marxismo come una vera e propria rivoluzione antropocentrica: una religione in cui Dio sarebbe stato costituito dalla rivoluzione, " il più grande e il più deciso atto nel processo di costruzione di Dio"[10].

Nello stesso anno in cui Lunacarskij pubblicava il primo volume di Religione e Socialismo, Gor'kij dava alle stampe Ispoved' . Questo romanzo può essere considerato un'illustrazione della tesi sulla "costruzione di Dio". Lunačarskij così commentava il simbolismo etico del libro: "Cerchi Dio? Dio è l'umanità del futuro.....una formula meravigliosa. è espressa in termini che non sono nostri, ma la sua essenza è nostra"[11]. Questa interpretazione non forzava, in nessun senso, il pensiero dello scrittore. Lo stesso Gor'kij, partendo dalla premessa nietzchiana della morte di Dio, aveva del resto affermato sin dal 15 aprile 1907, rispondendo, sulle colonne del "Mercure de France" ad una inchiesta giornalistica sulla questione religiosa : "l'idea di Dio è morta gradualmente e deve inevitabilmente morire". Solo il Socialismo avrebbe condotto alla "perfezione spirituale" attraverso "un commercio libero e largo… tra gli uomini, la cui situazione sarebbe stata uguale"[12]. Il giudizio piu' negativo sul romanzo ci viene offerto non tanto da Lenin, quanto da Plechanov, che pur riconoscendo diplomaticamente l'indubbio talento di Gor'kij come scrittore, gli nega ogni capacità di pubblicista e "pensatore" e lo invita, in sostanza, a riservare il proprio talento alla letteratura. "Maksim Gor'kij è un meraviglioso artista. Ma anche gli artisti geniali spesso sono assolutamente negati in campo teorico. Non bisogna andare lontano per trovare esempi: Gogol, Dostoevskij, Tolstoj, questi giganti nel campo della creazione artistica, mostrano una debolezza infantile ogni volta che tentano di dedicarsi a questo o quel problema. Belinskij diceva che negli artisti tutto l'ingegno se ne va nel talento. Poche sono le eccezioni a questa regola. In ogni caso Gor'kij non ne costituisce una. Anche in lui tutto l'ingegno si è trasferito nella creazione artistica. Per questo riesce male in quelle opere in cui è forte l'elemento pubblicistico, come, ad esempio, i saggi sull'America e il romanzo La Madre. Sicuramente gli rendono un pessimo servigio quelle persone che lo indirizzano verso il ruolo di pensatore e propagandista. L'eloquente dimostrazione di ciò é il romanzo Confessione. In esso vi sono pagine meravigliose dettate dal sentimento poetico dell'unità dell'umanità con la natura, in cui risuonano motivi goethiani. Ma le stesse non impediscono all'opera di essere poco riuscita. Maksim Gor'kij, che nel romanzo La Madre assume il ruolo di profeta del socialismo, in questa opera fa il suo esordio come divulgatore della "quinta religione" di A. Lunačarskij. Questa circostanza sciupa tutto..."[13]. Il giudizio di Plechanov è illuminante della personalità di Gor'kij che, in tutto l'articolo, appare come un uomo sinceramente legato alla causa rivoluzionaria, ma anche come un pessimo teorico e, soprattutto, come un pessimo politico e pubblicista. In realtà Gor'kij, pur essendo molto vicino al partito bolscevico, era ben lontano dall'adesione cosciente al marxismo ortodosso. Il suo appoggio alla causa rivoluzionaria, anche se indubbiamente sincero, non comportò mai, né allora, né in seguito, un'incondizionata accettazione del marxismo-leninismo. Egli aveva sposato la causa rivoluzionaria senza alcuna coscienza critica e la sua estraneità alla politica troverà del resto piena conferma anni dopo, nel momento in cui, giunta al compimento la rivoluzione proletaria, egli, sulle colonne della "Novaja Žizn'", rifiuterà completamente le ragioni della politica bolscevica. In quelle pagine scritte quasi quotidianamente tra la fine del 1917 e l'inizio del 1918, esprimerà la profonda delusione per il destino di quella rivoluzione che egli aveva tanto atteso, e che, una volta realizzata gli appariva così imprevista, e così diversa, infine, tanto da ogni sogno che da ogni ragionevole e scientifica previsione. Di tale atteggiamento egli darà una eloquente spiegazione nel 1924 nel saggio scritto in occasione della morte di Lenin. "Negli anni che vanno dal 1917 al 1921 i miei rapporti con Lenin erano molto lontani da come avrei voluto che fossero, ma non potevano essere altrimenti. Lui è un politico.....Io ho per la politica un'avversione organica e sono un marxista molto dubbio, credo poco alla ragione delle masse e in particolare a quella della massa contadina. So bene che per questo modo di pensare sarò deriso dai politici della rivoluzione"[14]. Con queste parole Gor'kij riconosce apertamente la propria estraneità alla politica e, soprattutto, indica di essere un marxista molto dubbio. Tanto dubbio da provocare il riso dei politici e, aggiunremmo noi, tanto lontano dal marxismo ortodosso da produrre, a volte, soprattutto in alcuni dei Pensieri Intempestivi, una critica della rivoluzione di stampo liberale. Sicuramente è in questa chiave che bisogna rileggere anche l'esperienza della scuola di Capri, quasi completamente cancellata dalla biografia ufficiale dello scrittore in epoca sovietica. Reinterpretarla non piu' come una delle tante contraddizioni della biografia di Gor'kij, così come è stato fatto sia dalla storiografia ufficiale sovietica che da parte di quella occidentale, ma come una tappa di uno sviluppo intellettuale coerente che proprio negli anni della scuola di Capri giunge a piena e completa maturazione. È nel 1909, infatti, che si cristallizzò definitivamente in Gor'kij l'idea della "costruzione di Dio", del marxismo come nuova religione dell'umanità. " La predilezione di Gor'kij per le idee di Bogdanov e dei suoi seguaci, ossia, secondo la definizione che ne ha dato Lenin, per i frazionisti, non era una errata e passeggera deviazione dalle convinzioni "giuste", ossia dalle idee coerentemente rivoluzionarie dei bolscevichi leninisti, come a lungo è stata intesa dalla "gorkologia" sovietica. Le posizioni di Gor'kij al tempo della scuola di Capri (come pure successivamente) erano coscientemente alternative e lo scrittore vi si mantenne fedele precisandole ed elaborandole per un non breve lasso di tempo. Fu appunto durante l'attività della scuola che esse assunsero una finalità ben precisa. Nel "marxismo altro" di Bogdanov e dei suoi seguaci Gor'ki scorse uno sviluppo del pensiero socialista, un che di nuovo e di teoricamente prezioso. Lo scrittore si sentiva attratto da questa piu' capiente idea del socialismo, la quale era per lui inscindibile da un complesso di principi che si integravano vicendevolmente: il monismo, la filosofia del collettivismo, la cultura proletaria"[15]. Inoltre vale la pena sottolineare che al di là del cenacolo caprese, e indipendentemente dall'incontro con Bogdanov e Lunačarskij, lo scrittore già da qualche anno era alla ricerca del "vero"significato della rivoluzione. In una lettera del 1905 scritta da New York egli dira`: " Lo stesso concetto di rivoluzione deve essere approfondito. Ciò è possibile!"[16]. Tale approfondimento lo spinge a cercare nella rivoluzione, al di là, del significato puramente politico, un significato etico-religioso, un'alternativa morale che avrebbe dovuto portare ognuno alla lotta per una nuova vita, alla costruzione di nuova umanità. "Costruire Dio" per Gor'kij, come per Lunačarskij, voleva dire edificare un mondo diverso, in cui l'individualismo venisse superato per sempre in nome di una nuova religione della collettivita`."Evviva questa nuova religione,- scriverà nel 1906- che libera i poveri dalle catene della povertà e dell'ignoranza, e i ricchi dai tempi vergognosi dell'oro e del pregiudizio"[17]. Una società che costruisce un nuovo Dio e che deifica se stessa. Da non dimenticare poi, come nota Vittorio Strada, che proprio Lenin, il quale tanto aveva osteggiato le teorie della scuola : "in decisive circostanze storiche, potè offrire, con la sua rivoluzione, le condizioni della possibilità per quella "costruzione di Dio" che egli, ateo totalmente irreligioso, irrideva e osteggiava, senza capire che non solo La Madre , ma anche la "costruzione di Dio" faceva parte della ideologia del nuovo potere"[18]. Proprio in questo senso che bisogna rileggere le lezioni di letteratura russa tenute da Gor'kij a Capri. In quelle poche pagine, pubblicate in Unione Sovietica solamente nel 1939, lo scrittore enuncerà, a grandi linee, i principi del realismo socialista. "In esse Gor'kij espose una concezione dell'arte radicalmente anti-soggettivistica, anti-psicologica, che si espresse nell'avversione per la linea letteraria esemplata dai nomi di Gogol e Dostoevskij. Tale visione non perì insieme al fugace episodio degli anni 1908-1911, ma si ripresentò, vincente negli anni Trenta, permeando di se` il realismo socialista, almeno nella fase della sua fondazione teorica"[19].

Il contrasto tra Gor'kij e l'ortodossia bolscevica apparirebbe incomprensibile senza il contesto del cenacolo intellettuale in cui esso si sviluppò e prese forma. Impossibile dire in quale altra misura la generosa ospitalità caprese dello scrittore abbia permesso a singoli intellettuali di riunirsi stabilmente fra loro, trasformando in fenomeno di dissidenza politica ciò che probabilmente, senza il mecenatismo gor'kiano, sarebbe rimasto confinato nei limiti di singole personalità di intellettuali in crisi. Resta il fatto che se, nell'ambito della scuola caprese, Bogdanov era l'uomo di maggior peso politico e Lunačarskij l'esponente di più fine e solida cultura, fu Gor'kij a rappresentare, agli occhi di Lenin e dell'ortodossia del partito, l'interlocutore con cui discutere e possibilmente ricomporre il raskol.

Certo fin dall'inizio quel che accadeva a Capri non poteva piacere a Lenin: " L'importanza dell'intelligencija pubblicistica nel nostro partito sta scemando: da ogni parte si ha notizia che si allontana dal partito….Il partito si purifica così da questa spazzatura borghese"[20]. Si può capire che il trattare da spazzatura borghese l'intelligencija russa, dovesse apparire come un'enormità anche a un uomo ormai politicamente impegnato come Gor'kij. Il fatto era che, mentre Gor'kij era un intellettuale e un sincero rivoluzionario del suo tempo, Lenin, con il difetto, se così si può dire, del genio, anticipava decenni di cultura marxista, dando per scontata l'autocoscienza dell'intellettuale militante quale strumento al servizio del partito. Ma Gor'kij evidentemente non era, né poteva essere Brecht. La sua reazione alla lettera del 7 febbraio fu sdegnata. Lenin, pochi giorni dopo, sentì il bisogno di una rettifica diplomatica del giudizio per addolcire la reazione dello scrittore: "Ritengo -scrive infatti- che taluni problemi sollevati dalle nostre divergenze, non sono che un malinteso. Indubbiamente io non pensavo di cacciare l'intelligencija come fanno quegli stupidi di sindacalisti o negare che essa sia indispensabile per il movimento operaio"[21]. Da quanto detto e da quanto diremo, sembra potersi affermare che lo scisma ideologico di Capri preoccupasse anche per la partecipazione ad esso di Gor'kij. Solo l'amplificazione che la personalità di Gor'kij avrebbe potuto dare alle "eresie"capresi poteva rappresentare un autentico pericolo. Proprio per questo, nonostante le ripetute condanne della scuola apparse sulle colonne del "Proletarij", l'11 dicembre del 1909 lo stesso giornale fu pronto a respingere l'ipotesi che Gor'kij si fosse allontanato dal Partito Socialdemocratico attribuendo la paternità di queste voci ai cosiddetti partiti borghesi.

D'altra parte le preoccupazioni dei redattori del "Proletarij" erano giustificate, avendo la personalità dello scrittore determinato l'interessamento della stampa occidentale intorno alle frizioni sorte fra Lenin e la scuola caprese. è interessante notare come, a distanza di pochi giorni, Gor'kij non smentisca la versione del giornale bolscevico. Con un'abilità e una diplomazia da politico consumato di cui non darà, a dire il vero, troppe altre prove nella sua vita, al "Corriere della Sera" che lo intervistava circa i contrasti tra il gruppo di Capri e i bolscevichi, risponderà: "Col direttore del "Proletarij" sono in buoni rapporti, egli mi scrive spesso e qualche volta io gli mando qualche manoscritto. La scuola di propaganda fu fondata qui con consenso del Partito centrale rivoluzionario" [22].

Era chiaramente una bugia, che dimostrava come lo stesso Gor'kij non intendesse accentuare le tensioni e come, in certi momenti, la razionalità politica del militante avesse il sopravvento sulla passionalità del carattere. L'importanza storico-politica dell'esperienza caprese sta nella più o meno cosciente adesione gor'kiana alle misticheggianti teorie degli intellettuali che l'animarono. Ci pare piuttosto rilevante il fatto che Lenin, in un momento di intensa attività rivoluzionaria e politica, affrontasse ben due viaggi per raggiungere quel "sassolino" dove forse non si scrivevano pagine memorabili di filosofia marxista, ma dove viveva un uomo importante per i destini della Russia e della rivoluzione. Ma se a livello pubblicistico Lenin riusciva a contenere i temi e le forme della polemica, a livello più propriamente dottrinario la condanna era già giunta, in termini quanto mai duri, con la pubblicazione nel 1909 di Materialismo ed empiriocriticismo. Quest'opera, rivolta essenzialmente contro Bogdanov che insidiava in quel momento la posizione di Lenin nel partito, non poteva però non coinvolgere tutti i maestri della scuola caprese. Nella sua opera Lenin condanna duramente ogni possibile sintesi tra marxismo e neokantismo, anche se operata sul terreno della epistemologia scientifica. Con l'irruenza ed il terrorismo verbale che gli erano propri, giunge a bollare Mach, Bogdanov e i loro seguaci quali traditori del processo e della scienza stessa. La condanna dei toni leniniani determinò in Gor'kij una vivissima reazione di sdegno. Per lui, la cultura aveva dei confini che la politica non poteva permettersi di violare e il fatto che una disputa filosofica potesse trasformarsi in un atto di guerra era davvero inconcepibile. Scrisse perciò alla moglie di Bogdanov nel 1909 il seguente sfogo: "Cara Natal'ja Bogdanovna…ho ricevuto il libro di Lenin, ho cominciato a leggerlo e l'ho piantato lì con un senso di angoscia. Che imprudenza! A parte il fatto che perfino a me, profano, i suoi excursi filosofici ricordano, per quanto strano possa sembrare, Sarapov e Jamorkin, con la loro incredibile conoscenza di tutto, l'impressione più penosa è provocata dal tono del libro, un tono teppistico! È così che si educano gli uomini di "tipo nuovo", gli artefici di una nuova cultura?….tutta questa gente che grida urbi et orbi: "Sono un marxista", "Sono un proletario" e subito dopo mette i piedi in faccia al prossimo, sputandogli per di più addosso, mi è odiosa quanto i lor signori….ma ci si può infuriare anche in buona fede: Lenin non ne è stato capace. Nel suo libro c'è il pubblicista inferocito, ma non c'è il filosofo: me lo vedo davanti come un individualista fatto e finito che difende innanzitutto le abitudini di pensiero che hanno improntato il suo Io in un certo modo e per sempre. È un caso disperato. Probabilmente anche nella pratica egli sarà più angusto e peggiore. Insomma la sua opera sciatta, inetta, mediocre, suscita un'infinità di tristi pensieri"[23].

Materialismo ed empiriocriticismo, quando fu pubblicato, non destò certo una vasta eco in Europa. Ma, a prescindere da ciò, lo sdegno di Gor'kij è l'ennesima riprova di quell'ambivalente sentimento di amore e di odio, di stima e di repulsione che accompagnò per sempre i loro rapporti. Questa ambivalenza trovava forse il suo contrappunto nel contraddittorio atteggiamento di Lenin stesso nei confronti della letteratura e dell'arte in genere. La polemica filosofica fu in realtà l'altra faccia del duro scontro politico che opponeva Lenin alla "sinistra bolscevica" (i cosiddetti otzovisti e ultimatisti), di cui Bogdanov era il principale esponente, le cui posizioni estremistiche (boicottaggio delle elezioni della Duma), risultate egemoni nel partito dopo la sconfitta della rivoluzione e il riflusso del movimento, rappresentavano per Lenin una fuga in avanti soggettivistica che rischiava di aggravare la separazione del partito dalle masse. Come nota il Sabine: "nel 1905 e nel corso della stessa disputa che culminò nel 1909, egli affermò piu' volte che: "La letteratura deve divenire un ingranaggio della grande macchina social-democratica" [24]. Allo stesso tempo il suo atteggiamento verso l'arte era singolarmente ambivalente. Pareva avesse un sincero amore per la letteratura russa; aveva un sincero rispetto per gli uomini di lettere, sebbene, e non a torto, avesse un'opinione pessimistica sulle loro capacità di rivoluzionari. Gor'kij, al contrario, da buon intelligent, voleva metter l'arte al servizio della causa politica, ma riservando alla cultura il senso geloso della propria autonomia. Nel rifiuto a compiere, almeno per gran parte della sua vita il gran gesto del sacrificio intellettuale, è riassunta tutta la storia dei suoi tormentati rapporti col "moderno principe".


    Notes:

  1. A.V. Lunačarskij, O Gor'kom ( Su Gor'kij) In Sobranie Sočinenij v vos'mi tomach (Raccolta delle opere in otto volumi), Vol. II, Mosca 1964 p. 36.
  2. A. Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Bari 1977, pp 129-130.
  3. V. Strada M.Gor'kij "costruttore di Dio a Capri in L'altra rivoluzione . La "scuola di Capri" e " la costruzione di Dio", Capri 1994, p. 17.
  4. S. Fitzpatrick, Rivoluzione e cultura in Russia, Roma 1976, p.25.
  5. A. Tamborra, op. cit., p. 32.
  6. V. Strada op.cit, p15.
  7. N.Gourfinkel, Gor'kij par lui- meme, Paris 1954, p.60
  8. A.V. Lunačarskij, Velikij perevorot ( Il grande rivolgimento), L., 1929. p. 31.
  9. Ibidem p.17
  10. S. Fitzpatrick, op. cit., p.23
  11. A.V. Lunačarskij Literaturnyj raspad (La decadenza letteraria), SPb. , 1909, p 92
  12. M. Gor'kij, La question religeuse, in " Mercure de France " N. 236, 15 aprile 1907, p. 3.
  13. A. Plechanov От называемых релииозных исkаниях в России (Sulle cosiddette questioni religiose in Russia), Opera Omnia, Vol. XXII, М., 1925, p.252
  14. M.Gorkij Lenine ou le paysan russe, Paris 1924, pp. 42-49
  15. I.Revjakina Intersezione di destini: Gor'kij e Vilonov in L'altra rivoluzione, op. cit., p 131.
  16. М. Горький. Полное собрание сочинений. Переписка. Том 5, M. 1999, р. 210.
  17. M. Gor'kij, Opera Omnia. Lettere, Volume V pg. 168
  18. V.Strada M.Gor'kij "costruttore di Dio a Capri in L'altra rivoluzione . La "scuola di Capr"i e" la costruzione di Dio", Capri 1994, p. 27.
  19. C. De Michelis Il confronto ideologico in Storia della civiltà letteraria russa (a cura di R.Picchio e M.Colucci), Torino, 1997, parte sesta, capitolo secondo, p. 32; Vedi anche V. Strada Intervento alla IX conferenza italo-sovietica in "Rossija-Russia" Venezia 1987, N. 5.
  20. V.I.Lenin I M.Gor'kij: perepiska (Lenin e Gor'kij: corrispondenza), M., 1958, p. 22.
  21. Ibidem, p. 28.
  22. Intervista a M.Gor'kij "Corriere della sera". cit. in: Tamborra, op. cit. p. 132.
  23. М.Горький Неизданная переписка с Богдановым, Лениным, Сталиным, Зиновьевым, Каменевым, Короленко (M.Gor'kij Corrispondenza inedita con Bogdanov,Lenin Zinov'ev, Kamenev, Korolenko), М. 1998, p. 55-56.
  24. G.Sabine, Storia delle dottrine politiche, Milano 1977.

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